domenica 22 agosto 2010

Allenatori Serie D

Allenatori Serie D

Storie di Calcio: ACD Asti 1932


ACD Asti 1932
Indirizzo: Via Ugo Foscolo 19
Città: Asti
Numero di telefono: 0141 211855
Fax: 0141 211855
Sito internet: www.asticalcio.com
E-Mail: segreteria@asticalcio.com
Colori sociali: Bianco-Rosso
Presidente: Gianmaria Piacenza
Direttore sportivo: Antonio Isoldi
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La storia

L’Associazione Calcio Asti è la principale società calcistica della città di Asti. Nata ufficialmente nel 1932 con il nome A.C. Asti (Associazione Calcio Asti), ha cambiato denominazione diverse volte negli anni successivi a causa delle tante fusioni con società calcistiche locali. La società nel 2008 è ritornata alla denominazione originaria A.C. Asti in occasione dei festeggiamenti per il 75° anno di attività.

I pionieri del Football Club Astense
Le prime notizie calcistiche di Asti risalgono al 1902. Durante le festività di San Secondo si organizzò, all’ippodromo di Piazza del mercato, un quadrangolare tra il blasonato Genoa, che contava nel suo palmares già 4 scudetti, il Milano Cricket and Football Club, lo Sport Audace Torino e l’Andrea Doria. Il 31 agosto dello stesso anno, sulla scia di questo avvenimento, una compagine astigiana si cimentò contro una rappresentativa della “nemica” città di Alba.

Solamente nel 1907 sorse la prima società di calcio astigiana: nei locali del Caffè Sport di piazza Alfieri nacque il Football Club Astense, con maglia rossa e calzoncini bianchi (i colori della città). L’esordio avvenne il 14 aprile 1907, contro la squadra dell’Istituto Leardi di Casale Monferrato (diventato poi il Casale). Il match si chiuse a reti inviolate.

Nel 1908 l’Astense disputò il suo primo campionato di Terza categoria, nel 1914 acquistò un terreno in strada Volta, nel Borgo San Lazzaro, che costituì il suo primo campo di gioco. Nel 1914 e 1915 il club disputò il campionato di Eccellenza.

La Polisportiva Fulgor
Al termine della Grande Guerra, tutta l’attività sportiva in Asti gravitava nell’orbita della Società Polisportiva Fulgor. Nel 1918 nacque la sezione calcistica,la squadra indossava una maglia bianca decorata dallo stemma sabaudo.
Nel 1919 nacque la società calcistica Laico,la cui prima squadra era denominata Asti Football Club, con maglia viola bordata di bianco, nata in aperta antitesi alla “cattolica” Fulgor.
Le due società si unirono il 26 marzo 1921, dando vita alla Unione Calciatori Asti (U.C. Asti), con maglia rossa a bordi bianchi e calzoncini e calzettoni neri.
La nuova società raggiunse la promozione in Seconda Divisione nel 1924.

Il campionato di guerra Alta Italia
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, la società si ritrovò, nel 1944, a competere in un torneo che raggruppava la Juventus, il Torino, il Genoa, il Casale, l’Alessandria ed altre squadre calcistiche del Nord-Italia, terminando con un onorevole settimo posto.

Il dopoguerra e la Ma.co.bi.
Nel 1946 la società ripartì dalla Serie C arrivando per ben tre stagioni consecutive a disputare gli spareggi per la promozione, senza però mai riuscire a imporsi.

Nella stagione 1952-53, con il riassestamento dei campionati nazionali, l’Asti scivolò nel campionato di Promozione regionale. Nel 1953 iniziarono i lavori per la costruzione dello Stadio Comunale.

Gli anni Sessanta videro la nascita di una nuova formazione nel panorama calcistico astigiano, l’Astense Ma.co.bi., con maglie granata e calzoncini bianchi. La Ma.co.bi. nacque per volere dell’industriale tessile Bruno Cavallo, allora vice-presidente del Torino e membro della dirigenza dell’Asti, allontanatosi da quest’ultimo per incomprensioni. In pochi anni, la Ma.co.bi. raggiunse nella stessa categoria la squadra astigiana: gli ultimi anni Sessanta furono caratterizzati da un sentito dualismo tra le due compagini, anche se il presidente Cavallo cercò più di una volta la fusione delle società.

Nella stagione 1967-68 la Pro Vercelli, vincitrice del campionato di Quarta serie, fu penalizzata di quattro punti per un presunto illecito sportivo. La Ma.co.bi, seconda in classifica, fu promossa in Serie C. Questo diede il via alla fusione delle due società astigiane che nel 1969 si presentarono ai blocchi di partenza del campionato di C come Asti-Ma.co.bi. La permanenza in terza serie durò una sola stagione, l’unico merito di quel periodo fu l’aver fatto esordire giocatori di ottimo livello, primo fra tutti Giancarlo Antognoni, ceduto poi alla Fiorentina nel 1972 per la cifra record di 435 milioni di lire, Bussalino e Beruatto. Proprio nella stagione 1971/72 la squadra juniores dell’Asti Ma.co.bi. vinse il Campionato Nazionale Dante Berretti di Serie D, praticamente lo scudetto giovanile per squadre dilettantistiche.

Nasce l’Asti T.S.C.
Nei primi Anni Settanta emerse dal panorama dilettantistico astigiano la società di calcio U.S. Torretta, con presidente l’imprenditore Giuseppe Nosenzo. La società bruciò le tappe nelle serie minori raggiungendo la Serie D al termine del campionato 1977-78; dopo un paio di anni che videro militare nello stesso campionato di serie D l’Asti e il Torretta, quest’ultima, nella stagione 1979-80, raggiunse la serie C2.
Il 15 giugno 1980, a “furor di popolo” avvenne la fusione delle due società: nacque l’ Asti-Torretta Santa-Caterina (Asti T.S.C.), con presidente Nosenzo e colori sociali bianco-rosso-blu, stemma cittadino con il galletto e due torri, la torre Rossa e la torre Troyana. In panchina, dopo tre giornate sedette l’ex azzurro Angelo Domenghini, che fu però esonerato nell’ultima parte del disastroso campionato. La squadra, al termine della stagione, retrocesse nuovamente in D. L’anno successivo la squadra ottenne una nuova promozione.

Nella stagione 1983-84 Nosenzo ingaggiò l’allenatore Ezio Volpi, fu acquistato in blocco il reparto offensivo del Prato, che bene aveva fatto nella stagione precedente, a potenziare una già competitiva rosa comprendente il portiere Roberto Bocchino, che vestirà poi la maglia della Sampdoria, e il difensore Spollon (successivamente al Monza). La stagione si concluse con la promozione in Serie C1, il momento di maggior successo della gestione Nosenzo.
Da quel momento in poi si assistette al declino della squadra astigiana che, dopo qualche anno di permanenza in C, retrocesse nelle serie minori.

Rinasce l’Associazione Calcio Asti
Nel 1988, con la presidenza di Gianmaria Piacenza e dei Vice Presidenti Chiesa Piero e Turello Remo, la squadra ritornò all’antica denominazione di Associazione Calcio Asti, con colori sociali bianco e rosso.

Nel 1994-95, con in panchina l’allenatore Gerardo Bocchicchio, avvenne l’ultimo salto di categoria della squadra, che ottenne la promozione nel Campionato Nazionale Dilettanti e la conquista della coppa Italia regionale. La nuova retrocessione nella stagione successiva e la crisi societaria dell’ultimo decennio portò l’Asti, nel 2006, alla fusione con l’ Unione Sportiva Nova Colligiana di San Damiano d’Asti, ed assume la nuova denominazione di Associazione Calcio Asti Colligiana. Dopo un solo anno e dopo aver disputato un campionato non esaltante la squadra è ritornata alla denominazione originaria A.C. Asti .

venerdì 20 agosto 2010

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La seconda possibilità per Bachini

Il destino bussò per la prima volta alla porta di Jonathan Bachini l’otto novembre 1998, durante la partita Udinese-Juventus, quando sul 2-0 per la Juve un suo gol avviò la rimonta friulana.
Livornese, ala sinistra guizzante, dalla grande facilità nel dribbling e dall’ottimo fiuto del gol, dopo alcune stagioni di gavetta si era rivelato al grande pubblico proprio a Udine, arrivando anche a conquistare la maglia della Nazionale. Due stagioni dopo era proprio la Juventus a ricordarsi di chi l’aveva castigata in passato, e per il “Baco” sembrava giunta la grande occasione, la consacrazione definitiva. Invece la storia cominciò a prendere un’altra piega. Un anno e mezzo passato spesso in panchina accanto ad Ancelotti, prima di essere prestato senza troppi rimpianti al Brescia. La grande occasione sprecata, il destino che non bussa più.
Ma in provincia il tornante livornese riemerge e, sotto l’ala protettrice di Roberto Baggio, aiuta a far risalire le rondinelle dal fondo della classifica fino al settimo posto finale. La Juve però non è squadra che dà seconde occasioni e, nonostante una serie di prestazioni eccellenti, al rientro dal prestito viene considerato pura merce di scambio, finendo al Parma nell’operazione che porterà a Torino Gianluigi Buffon. Poi dal Parma di nuovo al Brescia, in cambio di Aimo Diana. Il destino sta per bussare di nuovo, ma Bachini ancora non lo sa.
Scende in campo per soli 45 minuti, poi svanisce nel nulla per sei mesi. La versione ufficiale è “intossicazione alimentare”, contratta mangiando cozze avariate. Tra l’ironia degli appassionati di calcio e le voci di una grave malattia, la verità sembra essere nel mezzo: il tornante sarebbe in una clinica americana per disintossicarsi dalla cocaina. Ritorna per le ultime giornate di campionato, in forma come non mai: sgroppate sulla fascia degne dei tempi di Udine, un gol clamoroso su calcio d’angolo e la segnatura decisiva all’ultima gara contro il Bologna che vale al Brescia un’altra, insperata salvezza.
Sembra essere la rinascita, si rivelerà l’inizio della discesa agli inferi. Un grave infortunio al ginocchio lo costringe a saltare buona parte della stagione 2002/03, mentre nella successiva scivola ai margini della prima squadra. Infine, nel settembre 2004, Bachini viene trovato positivo alla cocaina al termine di Brescia - Lazio. Le voci non confermate di qualche anno prima diventano realtà. Nove mesi di squalifica e la rescissione istantanea del contratto con la società bresciana. Bachini sconta la sua pena e riesce, nella scorsa estate, a trovare una società disposta a dargli ancora fiducia, il Siena. Buoni propositi, tanta volontà di riscatto, l’attesa della fine della squalifica per disputare tre buone partite con la maglia dei toscani. Poi, nello scorso dicembre, ancora una volta dopo una gara contro la Lazio, una nuova positività alla cocaina. Neanche la sincerità del giocatore, che ammette di aver acquistato e consumato la dose, servirà a ottenere clemenza: la recidività comporta la squalifica a vita, che arriva il 30 marzo 2006. Per Jonathan Bachini non ci saranno altre seconde occasioni.

Mi chiamo Milco, cercate un allenatore incapace?

Articolo pubblicato dal Centro Sportivo Italiano di Vallecamonica

"Io per i genitori sono e sarò sempre un allenatore incapace. Mi chiamo Milco, sono un allenatore di calcio di settore giovanile ormai da 14 anni, sempre nei quartieri di Bergamo, e attualmente sono il mister di una squadra allievi Figc. Vi racconto con ironia il perché del titolo di questa mia lettera di sfogo». «I genitori non sono e non saranno mai contenti e la loro infelicità diventa un mio limite. Ho partecipato per tre anni a un campionato categoria giovanissimi Figc denominato "fair play". Questo campionato aveva due regole principali. La prima era che la partita era suddivisa in tre tempi da venti minuti ciascuno e inoltre vigeva l'obbligo di far giocare per un tempo tutti i ragazzi che erano a disposizione in panchina». «I sette cambi io li facevo sempre all'inizio del secondo tempo, in più ovviamente c'erano tutte le altre regole comuni del gioco del calcio. Avevo venti giocatori in rosa e di conseguenza c'erano quaranta genitori. Il regolamento mi consentiva di inserire in distinta solo diciotto giocatori (undici titolari e sette a disposizione), quindi purtroppo due ragazzi non potevo convocarli». «Pronti via ed ecco che per i quattro genitori di quei due ragazzi non convocati io ero un allenatore incapace. Dai Milco, mi dicevo, non ti abbattere, ne hai ancora trentasei che ti stimano. Arrivava il giorno della partita e io mi dovevo attenere al regolamento, undici titolari e sette a disposizione». «I ragazzi erano vestiti, uscivano dallo spogliatoio ed entravano in campo per il riscaldamento. I titolari all'interno del campo di gioco, gli altri da un'altra parte a palleggiare tra loro. Boooommmm! Ecco che anche per quei quattordici genitori resisi conto di avere i propri sette figli non titolari io ero diventato un allenatore incapace, nonostante avessi comunque convocato i loro figli». «Non devo mollare, mi dicevo allora, ho ancora ventidue genitori che mi vogliono bene. L'arbitro era pronto a fischiare l'inizio della partita, i ragazzi titolari si disponevano in campo in base ai ruoli da me dati. Non era possibile, porca miseria che sfortuna, per otto genitori i loro quattro figli giocavano fuori ruolo. Mi veniva da morire, nonostante li avessi convocati, nonostante giocassero titolari, anche per loro otto io ero un allenatore incapace». «Barcollavo ma non mollavo, avevo pur sempre ancora quattordici genitori che mi stimavano.... Ma no! Finito il primo tempo e nel rispetto del regolamento, facevo entrare tutti e sette i ragazzi che erano a disposizione. Ma io mi chiamo Milco ed ero, sono un allenatore incapace e sapete cosa combinavo con i cambi? Lasciavo in campo i quattro giocatori che "erano fuori ruolo" e sostituivo gli altri sette, così anche per gli ultimi quattordici genitori io mi trasformavo in un allenatore incapace, nonostante la convocazione e la maglia da titolare». «Mi chiamo Milco, cercate un allenatore incapace?»