giovedì 11 dicembre 2008

Vi racconto minacce, botte e paura nell' inferno della Prima divisione


Articolo di Massimo Norrito da "La Repubblica".

Morgia, perché ha lasciato la panchina della Juve Stabia?
«L' ho fatto per alzare la voce. Per rendere pubblica una storia di ordinaria violenza che altrimenti sarebbe passata sotto traccia come tutte le altre. Come le tante che capitano sui campi minori che ormai sono diventati un vero e proprio inferno».
Domenica la Juve Stabia perde in casa contro il Lanciano. A quel punto cosa succede?
«Già allo stadio la contestazione era stata pesante. Insulti, minacce. Una bottiglietta lanciata dagli spalti mi ha colpito alla testa. La tensione era palpabile. Siamo rimasti chiusi negli spogliatoi senza riuscire a mettere il naso fuori con la gente che protestava. Quando alla fine sono riuscito ad andare a casa ho preso carta e penna e ho scritto al presidente Giglio rimettendo il mandato nelle sue mani. Se questo poteva servire a far tornare la serenità ero pronto a farmi da parte. Ma quello era soltanto all' inizio».
Cosa è successo dopo?
«Dopo un' ora e mezza dalla fine della partita due miei giocatori, Brunner e Radi, sono stati fermati da un gruppo di sconosciuti quando già erano lontani dallo stadio. Li hanno costretti a scendere dall' auto e li hanno insultati, minacciati, poi picchiati. Altri due calciatori, Amore e Mineo, che viaggiavano a bordo di un' altra auto, sono riusciti a sfuggire all' agguato. Hanno visto quello che stava accadendo, hanno imboccato l' autostrada e sono scappati mettendosi al sicuro».
E lei che cosa ha fatto? «Ho scritto una nuova lettera al mio presidente rassegnandogli le irrevocabili dimissioni. Restare era diventato impossibile».
Va via per paura?

«Il problema non è la paura. Io voglio restare un uomo libero e qui non ci sono le condizioni perché questo accada. Voglio essere in grado di andare in giro per la città senza dovermi preoccupare, senza dovermi guardare alle spalle, senza dover temere. È in gioco la mia incolumità, ma soprattutto la mia dignità. Io sono un uomo di sport e se alzo la voce è proprio per difendere il mio sport. Qualcuno mi ha detto che vado via perché non ho le palle per restare. Invece io vado via proprio perché ho le palle per denunciare quello che accade. E poi se toccano i miei giocatori è come se toccassero la mia famiglia».
In che senso?
«Se la sono presa con loro. Li hanno spaventati, malmenati. Con quale coraggio potrei guardarli in faccia se non facessi niente per loro? A me non interessa insegnare loro le diagonali o le sovrapposizioni. Non è soltanto questo ciò che voglio trasmettere ai miei giocatori. Voglio trasmettere loro il rispetto, la dignità. Se una cosa del genere fosse accaduta a Milano a Kakà e Ronaldinho sarebbe successo il finimondo. Succede a Brunner e Radi e quasi non se ne parla. Ma questi, prima di essere giocatori, sono uomini».
Non è la prima volta che la sua squadra ha problemi con i tifosi.
«È stata una escalation. Dopo la partita con il Potenza ci hanno tenuto dentro lo spogliatoi due ore. Ci hanno minacciato pesantemente, ma poi tutto è finito. Dopo la partita con la Pistoiese la stessa storia. Siamo rimasti chiusi terrorizzati senza sapere cosa fare. Ci hanno lasciato andare via solo dopo che il presidente ha acconsentito a far salire due ultrà sul pullman che ce ne hanno dette di tutti i colori, minacciandoci e insultandoci. Tutto questo è accaduto sotto lo sguardo della polizia che ha sentito tutto, ha visto tutto, ma non è intervenuta. Siamo andati in ritiro per cercare un po' di tranquillità, ma non è servito a niente. Tutto questo avviene quando giochiamo in casa perché i nostri tifosi sono segnalati e non possono fare le trasferte».
Quanto c' entra con questa violenza il fatto puramente sportivo?
«Credo poco o niente. Questa gente vede l' allenatore e i calciatori come dei nemici, come dei mercenari, come gente che pensa solo ai soldi. E allora io rinuncio ai soldi, ma alzo la voce perché tutti sappiano. E per sentirmi a posto con la mia coscienza e conservare ancora la mia dignità».
Quello che lei disegna sembra uno scenario infernale.
«In effetti è un inferno perché in queste categorie minori non ci sono riflettori puntati, non c' è il controllo che ci può essere nelle altre serie, non c' è la stessa visibilità. Così molti episodi passano in silenzio ed è più facile fare casino. Siamo in balia di questa gente»

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