venerdì 30 maggio 2008

Gli Allenatori che hanno vinto gli Europei di Calcio: José Villalonga Llorente (Spagna)


Paese organizzatore: Spagna - Anno: 1964
La formula di Euro'64 prevedeva turni ad eliminazione diretta, con partite di andata e ritorno. In tutto si iscrissero 30 squadre, tra cui per la prima volta l'Italia. L'avventura azzurra si interruppe però negli ottavi, dove fu estromessa dai campioni in carica dell'URSS. Le semifinali e le finali per il terzo e per il primo posto si sarebbero disputate invece in gare uniche, disputate in uno dei quattro Paesi le cui Nazionali sarebbero giunte a questo turno. La scelta cadde sulla Spagna, che ospitò le ultime 4 gare dal 17 al 21 giugno 1964.
Stadi della fase finale furono il Bernabéu di Madrid (teatro della finalissima) e il Camp Nou di Barcellona.
Il torneo fu vinto dai padroni di casa della Spagna, che sconfissero in finale per 2-1 i campioni uscenti dell'Unione Sovietica. È questa la prima e unica vittoria della Spagna in una competizione internazionale.

Squadra vincitrice: Spagna - All.: José Villalonga Llorente

José Villalonga Llorente (Cordova, 12 dicembre 1919 – 8 agosto 1973) è stato un calciatore e allenatore di calcio spagnolo.
Da giocatore ha vestito le maglie del Real Madrid e Atletico Madrid.
Intraprese la carriera da tecnico durante la stagione 1954-1955 al Real Madrid, con cui vinse subito la Liga Spagnola e, nei due anni succesivi, portò le merengues alla conquista delle prime 2 Coppe dei Campioni della loro storia battendo in finale lo Stade Reims (1956) e la Fiorentina (1957).
Nello stesso anno rivinse anche il Campionato e, a fine stagione, passò ad allenare l'Atletico Madrid e in 3 stagioni vinse 1 Liga spagnola (1961), 2 Coppe del Generalissimo (1960,1961) e 1 Coppa delle Coppe (1962), battendo in finale la Fiorentina, vincitrice della prima edizione.
Dal 1962 al 1966 fu anche CT della Spagna e nel 1964 portò le furie rosse sul trono d'Europa vincendo il Campionato europeo di calcio 1964 giocato in casa; si tratta dell'unico trofeo vinto dal calcio spagnolo a livello di Nazionale A.
Dopo un deludente Mondiale 1966, in cui la Spagna uscì al primo turno, Villalonga lasciò la panchina della Nazionale e smise di allenare.
Morì a Cordova l'8 agosto 1973 all'età di 53 anni (ne avrebbe compiuti 54 il 12 dicembre). (Fonte e traduzione da Wikipedia)

martedì 27 maggio 2008

Gli Allenatori che hanno vinto gli Europei di Calcio: Gavriil Dmitriyevich Kachalin (URSS)


Paese organizzatore: Francia - Anno: 1960

Il Campionato europeo di calcio 1960 (più semplicemente Euro'60) è stata la prima edizione organizzato ogni quattro anni dall'UEFA.
La formula di Euro'60 prevedeva turni ad eliminazione diretta, con partite di andata e ritorno. In tutto si iscrissero 17 squadre, tra cui non vi era l'Italia. Le semifinali e le finali per il terzo e per il primo posto si sarebbero disputate invece in gare uniche, disputate in uno dei quattro Paesi le cui Nazionali sarebbero giunte a questo turno. La scelta cadde sulla Francia, che ospitò le ultime 4 gare dal 6 al 10 luglio 1960.
Stadi del torneo furono il Parco dei Principi di Parigi (teatro della finalissima) e lo Stade Vélodrome di Marsiglia. Il torneo fu vinto dall'Unione Sovietica che, guidata dal leggendario portiere Lev Yashin, sconfisse in finale per 2-1 dopo i supplementari la Jugoslavia.


Squadra vincitrice: URSS - All.: Gavriil Dmitriyevich Kachalin
Nato a Mosca, Kachalin ha iniziato la sua carriera nel 1928 nel club chiamato Volny. Poi ha giocato per l' Homel e per l'FC Dynamo Homel. Dal 1936 al 1942 ha vestito la maglia della FC Dynamo Mosca. Nel corso della sua carriera ha giocato sino all'età di 36 anni nella Sovietica top League, e divenne due volte campione nel 1937 e il 1940 e vincitore della Coppa sovietica nel 1937 con la Dinamo Mosca. Egli ha anche giocato contro il Paese Basco di calcio. (Fonte e traduzione da Wikipedia)
Carriera da Allenatore
Gavriil Kachalin è stato un capo allenatore di club e seguenti squadre nazionali:
* FC Trudovye Rezervy Mosca (1945-1948)
* FC Lokomotiv Mosca (1949-1952)
* URSS Nazionale di calcio come un capo assistente allenatore (1954)
* URSS Nazionale di calcio (1955-1958, 1960-1962, 1968-1972)
* FC Pakhtakor Tashkent (1963, 1975)
* FC Dinamo Tbilisi (1964-1965, 1971-1972)
* URSS nazionale under 21 di calcio (1965)
* URSS olympics nazionale di calcio (1966-1968)
* FC Dynamo Mosca (1973-1974)
Alla fine della sua carriera, ha lavorato in Kachalin Dynamo Mosca gioventù accademia. Egli è stato un presidente del consiglio di amministrazione di allenatori di calcio Federazione Sovietica nel 1963. Kachalin è stato anche un membro della FIFA comitato tecnico. (Fonte e traduzione da Wikipedia)
Palmares e titoli conseguiti in carriera
# Onorario maestro di sport di URSS
# Olimpiadi estive 1956 medaglie d'oro
# 1960 del Campionato europeo di calcio titolo
# Campionato di calcio sovietico campione come giocatore: 1937, 1940
# Coppa sovietico vincitore come giocatore: 1937
# Campionato di calcio sovietico campione come allenatore: 1964
# Sovietico top League 3 ° posto come allenatore: 1971, 1972, 1973 . (Fonte e traduzione da Wikipedia)

mercoledì 14 maggio 2008

"Il 13° uomo"


Regia di Ettore Pasculli

Nato come esercitazione di un gruppo di studenti dell’Università IULM, Laurea in Specialistica in Televisione, Cinema e Produzione multimediale, un piccolo progetto è diventato un film in alta definizione digitale per il cinema, la televisione e Internet, diretto da uno dei padri del cinema digitale d’autore italiano, Ettore Pasculli: il “13° uomo”.
Perché un film sul calcio? Perché da generazioni, da quando esso è ricominciato, dopo la guerra, ha accompagnato e accompagna divertimento, svago e passione di milioni di persone. Gli stadi stracolmi, il bombardamento televisivo e mediatico, l’importanza che i moderni gladiatori, i calciatori, assumono nella società, spesso come modello per i giovani, danno la misura del suo radicamento nel nostro tessuto nazionale.
Una volta esso era prerogativa dei soli uomini, esclusivo interesse di ceti popolari, ma dalle sfide mondiali ed europee in poi il calcio è entrato nel costume di tutti senza limiti di sesso o estrazione sociale. Del resto Pasolini stesso, appassionato giocatore di calcio, ne sosteneva la capacità di diventare “lotta fisica e sfida omerica”, come in una vera e propria epopea epica”.
Oggi ovunque ci sia un pallone, si gioca a calcio: nelle scuole, nei luoghi di lavoro, tra dilettanti, tra professionisti dello spettacolo, magistrati e giornalisti per iniziative benefiche, si organizzano persino tornei intercarcerari. Dove c’è il calcio ci sono una squadra, condivisione delle regole e addestramento all’intesa di gruppo, dove le qualità del singolo interagiscono con il gruppo per il perseguimento del risultato.
Eppure, o forse proprio per queste ragioni, attorno al calcio in questi ultimi anni si sono addensati nuvoloni sinistri, sospetti, ombre di pesanti corruzioni, di manomissioni degli esiti sportivi, di traffici che nulla hanno a che fare con la passione e l’entusiasmo, le gioie e le sofferenze che da sempre lo accompagnano.
Due importanti protagonisti, Gianfelice Facchetti e Laia Manetti, le cui storie, diverse e ugualmente affascinanti, si incontrano sul set e danno vita a una storia d’amore e passione, storia che si intreccia alle vicende e agli intrighi sportivi della trama del film.
Gianfelice Facchetti, figlio del noto calciatore e poi presidente dell’Inter Giacinto, dapprima segue come naturale la carriera paterna, ed esordisce come portiere dell’Atalanta. Molto presto scopre però la sua vera passione, la recitazione, che trasforma poi in professione. Ecco nascere quindi l’attore completo che è oggi Gianfelice, che accompagna la recitazione al lavoro di scrittura e regia.
Diversi i suoi ruoli cinematografici e televisivi, come nelle fiction “Il grande Torino” e “Il pirata”, e in "Eravamo quasi in cielo" di Rai Cinema, finalista del Premio Ustica nel 2005 con "Bundesliga '44". Il suo ultimo lavoro teatrale, di cui firma anche regia e drammaturgia, è “Nel Numero dei +”, un testo che affronta il tema della morte nel tempo del cinismo.
Laia Manetti nasce a Barcellona, in Spagna, e cresce nella periferia milanese di Quarto Oggiaro. Nel 2004 rappresenta l’Italia a Miss Universo e vince la fascia di Miss Simpatia.
Studia Scienze e Tecnologie della Comunicazione allo Iulm di Milano, recita, conduce programmi televisivi, gira spot pubblicitari, posa per i cataloghi di varie aziende di abbigliamento ed è alla sua prima prova cinematografica.
In un’intervista ad Affari Italiani Laia ci racconta come la periferia sia stata per lei un’occasione di crescita: “Abitare a Quarto Oggiaro, mi ha insegnato che nulla è facile nella vita, che bisogna lavorare sodo e lottare contro le difficoltà fino a superarle. Io sono una combattente: quando inizio qualcosa, la porto sempre a termine”.
Nel cast attori di grande esperienza come Margareta Von Krauss, già ne “La vita è bella” di Roberto Benigni, e Alfio Liotta, doppiatore e tra i protagonisti di “Cento vetrine”.
Prodotto da Expo & Media Comunications e dall’Associazione Nuovo CIB in collaborazione con l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano e insieme ad associazioni, istituzioni di categoria e club quali Brera Calcio, A.C. Monza, Calcio Padova, Melegnano, ed altre piccole squadre di calcio, “13° uomo” è sostenuto dalla Provincia di Milano e gode il Patrocinio di importanti enti come la F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio), il Comune di Milano, il Comune di Monza e la Regione Lombardia.

"Il 13° uomo": considerazioni di Daniela Asaro Romanoff

Martedì 29 aprile, al ‘Teatro Binario 7’ di Monza, è stato proiettato un film molto interessante, diretto dal regista Ettore Pasculli, che dimostra una maestrìa, una ‘sapientia cordis’, una capacità creativa ed un intuito piuttosto rari nel panorama cinematografico attuale.
E non possiamo meravigliarci se un film di Pasculli viene proiettato non a Venezia, non a Cannes, lì, spesso ci sono film inutili, è nelle sale come quella del ‘Teatro Binario 7’, che noi cinefili, assetati di film che testimonino onestamente la realtà, senza direzioni astruse o recitazioni di maniera, dobbiamo andare.
‘Il Tredicesimo uomo’ mi ha ricordato molto il famosissimo ‘Big Wednesday’ (Un Mercoledì da Leoni) di John Milius, mi ha dato le stesse emozioni, e sto parlando di John Milius.
E come non ricordare le parole di fuoco che Cyrano de Bergerac rivolge ai ‘finti’ commediografi della sua epoca, estremamente attuali, estremamente adatte ai ‘finti’ commediografi, registi, attori della nostra epoca. Va ricordato che gli attori di Pasculli trasmettono molto con la loro mimica facciale, con la loro gestualità, con la loro voce e non sono attori professionisti, sono quasi tutti studenti dello IULM.
Per un attore è fondamentale la preparazione, ma è importantissima la motivazione. Gianfelice Facchetti, l’attore protagonista, è capace di comunicare moltissimo con chi sta guardando il film, e questa capacità è frutto della preparazione, ma anche di forti motivazioni.
Tutte le discipline sportive, e in particolar modo il calcio, in questo periodo di forte degrado, hanno bisogno di venir supportate da film così intensamente propositivi. ‘Il Tredicesimo uomo’ non ci ha fatto semplicemente vedere delle partitelle, dei calciatori, offrendoci un’esile storia, condita in ‘salsa rosa’ come tanti altri film. Il regista, con coraggio e determinazione ci porta al problema, senza tante scorciatoie. Attraverso la lotta insita in ogni essere umano, e attraverso la contesa, di respiro universale, che vede sempre in opposizione bene e male, con la prorompente vittoria di principi e di valori, che appartengono agli esseri umani assai di più degli ‘antiprincipi’ imperanti, il film ci porta a credere che possano risorgere l’onestà di pensiero e di azione, la coerenza, la lealtà, la genuinità negli ambienti calcistici, e soprattutto in ogni uomo di buona volontà.
E’ abbastanza arduo cercare di entrare nella storia, cercherò di farlo brevemente, per non rischiare di snaturare la storia stessa, e innanzi tutto per non toglierVi la curiosità di vedere questo film, utilissimo non solo al calcio, ma a tutte le discipline sportive.
Credo che sia opportuna una precisazione: un po’ per scelta, un po’ per ‘suerte’, dal 2005, la sottoscritta ha vissuto negli ambienti calcistici a stretto contatto con gli ‘addetti ai lavori’. Mi sono resa utile in mille modi, ovviamente non come portiere (il mio ruolo quando giocavo a calcio), e neppure come aiuto-aiuto allenatore in seconda … perché in Italia quasi tutti i Presidenti delle squadre di calcio preferirebbero perdere una partita piuttosto che vincerla con strategie di gioco elaborate da una donna… e siamo nel 2008, per fortuna, almeno nelle scuole italiane ci sono squadre miste di calcio, confidiamo nel prossimo futuro. Ebbene, a completamento della precisazione, desidererei far comprendere ai lettori di questo mio scritto quante intense emozioni abbia trasmesso questo film a chi ha vissuto negli ambienti calcistici. ‘Il Tredicesimo uomo’ mi ha dato soprattutto tante conferme. Spesso, mentre scorrevano le scene, ho pensato:”Ma allora non era soltanto una mia impressione, certe situazioni squallide, nel calcio, purtroppo sono realtà”.
E pensare che tra i tanti spropositi che mi son sentita dire dagli ‘addetti’ c’era questa frase:”Lei, cara signora è completamente fuori dalla realtà”.
Voi, cari amici, siete lontani mille miglia dalla realtà, da quella realtà in cui un essere umano ha una sua dignità.
Il film ha una grande qualità, è propositivo, muove delle critiche, ma ben vengano le critiche che aiutano a costruire ‘edifici più solidi’.
Il protagonista del film, Salvatore, è un portiere, questa parte è interpretata da Gianfelice Facchetti.
Salvatore è un ragazzo che ha dei sani principi sportivi, è un giovane autentico ed è molto ammirato da una ragazzina, Tea, che sogna di diventare un grande portiere. Ringrazio il regista, che ha evidenziato anche un calcio al femminile. In Tea io mi sono riconosciuta molto, anch’io da ragazzina giocavo ed avevo questo sogno. Io, però, sono stata più fortunata di Tea. Lei viene ostacolata brutalmente da una madre violenta, io ho avuto dei genitori davvero splendidi, spesso papà mi accompagnava agli allenamenti di calcio. E ricordo ancora un suo bel gesto. Quando ancora io non facevo parte della squadra e partecipavo solamente agli allenamenti, il Presidente, uno di quegli uomini che non esistono più, ci aveva invitati ad andare a vedere una partita, che vedeva la mia squadra avversaria di una squadra friulana.
Quando siamo entrati nello Stadio, papà si è avvicinato allo sportello per acquistare due biglietti, ma subito è arrivato il Presidente e ha detto a mio padre:”Una mia calciatrice e suo padre non devono pagare il biglietto.” Papà ha replicato con entusiasmo:”Lo consideri un mio contributo per la squadra.” Il Presidente lo ha tanto ringraziato e ha accettato. Era l’incontro di due uomini onesti e con sani principi sportivi. Sono certa che mio padre, con la sua determinazione, il suo grande carisma e la sua lealtà, sarebbe stato uno splendido Presidente di una squadra di calcio … aveva ancora tanti progetti il mio meraviglioso papà, ma, quando in giovane età l’ho perso, ho capito come è necessario comprendere i progetti di Chi tutto può.
Ritorniamo al nostro Salvatore, che inizialmente vediamo circondato da persone genuine, tra le quali c’è anche un sacerdote, un vero appassionato di calcio. Alla fin fine tra tante persone tre sono quelle davvero sportive, Tea con il suo entusiasmo ed i suoi sogni, il sacerdote e Salvatore che è contento di esprimersi come portiere ed è sereno fino a quando nella sua vita si insinua un serpentello in antitesi con il sacerdote, che è un’anima bella, lo spirito sportivo per lui viene innanzi a tutto, ma ancor prima dello spirito sportivo, nella scala dei valori, lui giustamente mette il fattore umano e sarà sempre pronto a sostenere Salvatore anche nei momenti più difficili. Il serpentello che si insinua nella vita di Salvatore è un procuratore-faccendiere della peggior specie, che con subdoli ragionamenti, devianti proposte, offerte di stili di vita che fa apparire come assolutamente necessari, ed invece sono solamente inganni, piano piano mette in crisi i valori di Salvatore. In una di quelle ‘famose e famigerate cene’, ce ne sono in grande abbondanza, Salvatore inizia a vacillare.
Quanto io ho detestato e continuo a detestare queste cene, perché non sono normali cene ‘di lavoro’ oppure momenti in cui si sta serenamente assieme. Spesso sono dei veri bordelli autorizzati… e ho adoperato dei vocaboli eleganti. A me e ad altre mie colleghe, in quanto giornaliste, fotografe, donne che lavorano, quante volte hanno fatto credere di fare ‘vita monastica’ … per cui con una donna, anche se giornalista… neppure un caffè (vedi film ‘viaggio a Kandahar’). Per fortuna, in tutte le società calcistiche, anche le peggiori, c’è sempre qualche anima buona, e, dal momento che le donne lavoratrici non possono accedere al desco dei ‘talebani’ (le veline sì), qualche ‘panino clandestino’ ci viene gentilmente portato.
E’ in questi contesti che viene rovesciata completamente la scala dei valori di Salvatore. Il calcio non deve essere gioia di esprimersi, bisogna saper vivere, bisogna essere sempre in primo piano e, se possibile, sostituire gli allenamenti con il ‘bel mondo’, intrattenersi con faccendieri, le loro amiche e tutti gli annessi e connessi, altrimenti non sei nessuno.
E’ questo il perverso messaggio mediatico dei nostri giorni, che viene dato in pasto non solo a quelli del calcio, ma a tutti i nostri giovani, è un messaggio allettante, e completamente finto: dire ad un giovane che se non è ricco, famoso, potente a tutti i costi non è nessuno è come affermare che 2+2=5. Se si vuole diventare veramente famosi, ricchi e potenti è necessario, in tutta umiltà, essere utili all’umanità, la gente che ti conosce per il bene che fai ti renderà ‘famoso’, i sorrisi dei bimbi e degli anziani ai quali hai regalato il tuo affetto ti renderanno ricco e sarai potente non per decisione degli uomini, è Qualcuno lassù che distribuisce certi incarichi, ma se vuoi essere davvero ‘potente’, devi accettare anche la Croce.
Salvatore, il protagonista del ‘Tredicesimo uomo’ rimane invischiato nei meandri tenebrosi, che hanno anche le forme sinuose ed il sorriso smagliante di un’ avvenente fanciulla, sorella di Tea, ma Salvatore non lo sa e la ‘maga Circe’ rifiuta la sorella buona e leale. Anche la ragazza, come Salvatore, è schiava di un sistema che crea i suoi burattini. Dopo aver faticosamente e dolorosamente percorso molti vicoli bui, entrambi ritroveranno la luce.
Mi fermo qui, perché come ho detto precedentemente, non voglio togliervi l’interesse di vedere il film e di riflettere. Credo sia opportuno organizzare bene la riflessione, perché tutti noi siamo immersi in un inquinamento acustico, che è tanto pericoloso quanto quello atmosferico. Il chiasso, la frenesia, il molto rumore per nulla, i divi e divetti televisivi, i corrosivi messaggi mediatici che arrivano da tutte le parti sono accaniti nemici della riflessione, dobbiamo cercare di allontanarli il più possibile e rientrare completamente in noi. Disintossichiamoci dalle banalità, dagli stereotipi, dai ‘dictat’ stupidi:”O sei un divo, o non sei nessuno”. In definitiva, chi è il divo? Si allontana tanto dalle caratteristiche dell’essere umano, fino a diventare un non uomo, quindi un … nessuno, è il divo che non ha significato, l’essere umano, che agisce con cuore retto e buona intenzione, non ha bisogno di piedistalli, di public relation men: un cuore puro, una mente limpida, un’anima libera sono gli autentici ‘piedistalli’.
Se non siamo capaci di riflettere, anche un film che ci può offrire molto come ‘Il Tredicesimo uomo’, rischia di diventare banale, perché con la nostra superficialità banalizziamo tutto, anche ciò che è prezioso e raro. Cerchiamo di comprendere il messaggio importantissimo che Ettore Pasculli ci dà: il 13° uomo è la passione. Se si fosse animati dalla passione autentica anche il calcio sarebbe migliore. I tifosi che nel 2006 volevano a tutti costi che le loro squadre, non proprio adamantine, rimanessero in serie A, di sicuro non agivano con cuore puro, la loro mente era ottenebrata e la loro anima incatenata.
Il calcio è in forte degrado, i dirigenti potrebbero fare molto, ma anche i tifosi possono fare moltissimo.
Un altro grande messaggio del ‘Tredicesimo uomo’ consiste nel far comprendere ad ogni spettatore quanto sia importante vivere coraggiosamente e con coerenza.
Un calcio migliore? E’ possibile, il calcio è gioia di esprimersi, educazione alla vita. Ma un meraviglioso punto di riferimento educativo per tanti giovani è stato soffocato dal ‘format’ S.p.A.. Perlomeno si cerchi di gestire il denaro tenendo presente l’etica.
Ed ora consiglio a tutti di collegarsi con il sito www.tredicesimouomo.com.

lunedì 12 maggio 2008

Fair Play ... Protesta Levante: fermi in mezzo al campo

... Sergio arriva al limite dell'area, tentenna, si guarda indietro, poi calcia a lato

Una saga amara, quella del Levante. Dolorosa, lontana dal pallone milionario, arricchita da gesti di nobile protesta, grande fair play e piena di disperazione. I giocatori negli ultimi due anni hanno preso il 20% di quanto gli spetta. I nuovi arrivati hanno incassato il 10%. «Ci sono dei compagni che devono farsi prestare i soldi per mangiare», ha detto ieri in un'intensa conferenza stampa il capitano dei «granota», Rubiales. Nel pomeriggio la tragica realtà descritta dal capitano è esplosa quando Lozano, un ragazzo del vivaio, stava per venire alle mani con Pedro Villaroel, ex massimo azionista e padre padrone del club. «Armando va capito — ha detto ancora Rubiales — economicamente se la passa malissimo». Il club continua a fare promesse ma la situazione non si sblocca.

Mercoledì sera a La Coruña il Levante ha inscenato l'ennesima protesta schierandosi abbracciati a centrocampo. Il Deportivo dà il calcio d'inizio. Quelli del Levante restano fermi. Bodipo passa la palla a Sergio che s'invola sulla destra verso l'incustodita porta avversaria. Alla sua sinistra corre l'arbitro. Dietro e davanti a lui, il vuoto. Sergio arriva al limite dell'area, tentenna, si guarda indietro, poi calcia a lato della porta vuota tra gli applausi dei suoi tifosi. Il Deportivo aveva bisogno di una vittoria, che è arrivata solo al minuto '87.

Fonte: Gazzetta dello Sport

sabato 10 maggio 2008

Il Calcio, la mia vita ...


Autore: Pierluigi Busatta

Presentazione Nel mio libro ho cercato di evidenziare quello che ritengo indispensabile sia la mansione primaria degli istruttori, volta a formare le basi della crescita calcistica (equilibrio e coordinazione), soprattutto nel settore giovanile.
Tutto ciò, ritengo sia valido ovunque ci sia un’insufficienza di queste capacità. Io stesso, in tutte le squadre in cui ho allenato, settore professionistico compreso (C2), ho sempre insistito molto su questi concetti d’insegnamento con ottimi risultati finali.
Il suo contenuto è un insieme di narrativa e illustrazioni di carattere tecnico, accostate a episodi vissuti, per consentirne una facile lettura poiché ritengo sia importante collegare le informazioni tecniche a quelle comportamentali per una giusta aggregazione di conoscenze e capacità.
E' uno scritto, un po' romanzato, che percorre tutta la mia vita, dall'infanzia ai giorni nostri, passando attraverso mie considerazioni di carattere generale sul calcio professionistico, dilettantistico e giovanile. Spazia a tutto campo nel panorama italiano, con una attenzione specifica alle metodologie volte ad educare i giovani calciatori nella corsa, nella tecnica di base e nel tuffo, in particolare la spinta, per i portieri.
Un condensato di valutazioni e indirizzi tecnico-comportamentali che possono essere un punto di riferimento per tutti coloro che vivono il calcio, dai giovani, come base di crescita sportiva e di vita, ai genitori, per una loro più ampia informazione, agli appassionati e tifosi e soprattutto di supporto per gli allenatori nella gestione della loro professione, con cui confrontare concetti e quant’altro.
A mio avviso, è necessario conoscere quelle che sono le capacità tecniche dei giocatori a disposizione, attraverso le didattiche descritte, per misurarne equilibrio e coordinazione, nell’esecuzione dei gesti tecnici richiesti, prima di proseguire con le situazioni tattiche, individuali e di gruppo qualunque sia la categoria in cui si opera.
Didattiche che sono da riproporre per tutta la stagione, elevando man mano il tasso di difficoltà, ma ritornando sui propri passi se non c’è crescita adeguata, senza soluzione di continuità. Tornando al settore giovanile, per gli istruttori serve un apprendimento da completare sul campo per verificare e conoscere le metodologie migliori da adottare e acquisire la capacità di trasmettere agli allievi i concetti fondamentali su cui si basano i gesti tecnici del calcio.
Il solo studio non sempre è sufficiente; è indispensabile impararne l’applicazione pratica e “saper vedere” dove e come intervenire. Riporto un passaggio, che ritengo significativo, del mio scritto:
"Prende corpo il mio concetto d'insegnamento, che parte dall'apprendimento della tecnica di base, integrato con nozioni di tattica individuale, piuttosto che di standardizzazioni dei compiti o specializzazioni per ruolo. Nessun indirizzo da consegnare a qualsivoglia sistema di gioco, inteso come schieramento da tenere in campo, e un totale disinteresse per evanescenti belle figure, nascoste dietro vittorie senza apprendimento o crescita sportiva"... .
Recensioni
Adalberto Scemma, giornalista sportivo di grande esperienza, attento conoscitore di tutto lo sport, condiviso da altri suoi colleghi:
"Il libro incuriosisce per il suo carattere atipico rispetto alla solita impostazione dei testi che trattano questo argomento, attrae e appassiona per il suo contenuto e la sua stesura, innovativa per gli appassionati e gli addetti ai lavori, soprattutto per noi giornalisti, nella duplice veste di cronisti e osservatori del mondo dello sport".
Capitoli
0 - capitolo introduttivo
1 - la mia storia di giocatore
2 - la mia storia di allenatore
3 - i fratelli Costenaro
4 - le mie considerazioni generali sul calcio
5 - il settore giovanile (considerazioni, storia, obiettivi)
6 - la mia storia nel settore giovanile
7 - la tecnica di base
8 - la tattica individuale e applicata
9 - il gioco collettivo, sistemi di gioco
10 - il giocatore (formazione)
11 - l’allenatore (formazione e caratteristiche)
12 - l'allenatore (metodologie)
13 - il portiere (didattica del tuffo)
14 - calcio, interessi e mass media
15 - il settore tecnico – leghe – federazioni - arbitri
16 - didattica e metodologia di apprendimento
L'Autore
Pierluigi Busatta (Marostica-VI- 9 settembre/1947) è un ex calciatore italiano attivo negli anni 60-70 nel ruolo di mediano.
Busatta cominciò a dare i primi calci al pallone nella U.S. Marosticense giocando in attacco e mostrando una spiccata predilezione per il dribbling. Con il passaggio alla Virtus Bassano per esigenze tattiche cambiò ruolo trasformandosi in mediano: e tale rimase per tutto il prosieguo della sua carriera. Dal Bassano passò al Treviso in Serie C e in seguito al Catanzaro dove militò per 4 anni contribuendo validamente alla prima promozione in serie A della squadra calabrese. Nel 1972-73 venne acquistato dal Verona e in gialloblù rimase per 6 stagioni distinguendosi per combattività, abnegazione e duttilità nell’adattarsi a diverse esigenze tattiche. Il rapporto con la squadra veneta si chiuse bruscamente nel 1978-79 su decisione della società che scelse la linea verde lasciando “i senatori” liberi di cercarsi un altro club. Il centrocampista vicentino accettò allora l’offerta del Genoa trasferendosi sotto la Lanterna assieme aLuppi, compagno di squadra di tante partite a Verona. Chiuse infine la carriera tornando alle origini, nel Bassano, categoria Dilettanti, per poi intraprendere la carriera di allenatore. (Fonte: Wikipedia)