mercoledì 19 dicembre 2007

Dalla Toscana una lezione di vita la danno i ... Pulcini!

Fonte: Alessandro Rialti - Corriere dello Sport

Passerà alla storia del calcio co­me la rivolta dei ragazzini di Ponte a Elsa. O lo sciopero contro i papà- ultrà. La verità di questa strana storia di Natale la racconta Michele Mango, ds della scuola calcio Ponte a Elsa e, di fatto, il re­gista di questo formidabile con­tributo per il fair play. Mango è uno dei fondatori, con Gino Chiavacci, della struttura della quale da poco è diventato presi­dente Danilo Barnini. La pre­messa racconta delle furibonde litigate sugli spalti dei genitori che si accendevano come zolfa­nelli davanti alle esibizioni dei loro baby-campioni. Arrabbiati davvero, contro l’arbitro che, per altro, era di volta in volta uno dei genitori dei ragazzini della stessa scuola calcio. Litiga­ta dopo litigata si è arrivati al giorno della festa prenatalizia. Ecco il racconto di Mango: «Il 12 dicembre ci siamo ritrovati a ce­na per i consueti auguri. Abbiamo fatto nascere la scuola due anni fa per dare ai ragazzi uno spazio tutto loro. Ma anche per insegnargli il valore della beneficenza. Il 12, dunque, eravamo tutti riuniti e dovevamo destinare la somma che avevamo rac­colto, 1.100 euro, alla Fondazione Cuore di bimbo.

Soldi che sarebbero serviti a un piccolo malato per consentirgli di venire in Italia, un contributo per permettergli di usufruire dei nostri chiururghi e operarsi al cuore. Ma, visto l’accanimento che ave­vamo verificato (durante le nostre partite) contro gli arbitri, considerato che c’erano stati anche epi­sodi gravi con genitori che erano addirittura venu­ti alle mani, abbiamo detto basta. E proprio in quel­la sede abbiamo lanciato l’idea dello sciopero. Sa­bato 15 e domenica 16 ci fermiamo...». Ma i ragaz­zi? Cosa ne pensavano? «Loro? Ne abbiamo del 1995 fino al 2002. I più piccini quando gli abbiamo det­to che non si giocava hanno gridato: Nooo. Ma poi hanno ascoltato. Una discussione di trenta minuti. E loro attentissimi. Alla fine erano tutti d’accordo». Sì allo sciopero, perché non ne possono più di que­ste litigate, di questa tensione. Insieme al signor Mango c’è pure suo figlio, Stefano, un ragazzino sveglio con una gran ciuffo: «Urlano sempre, ci co­stringono a interrompere il gioco. E noi vogliamo giocare». Tutti così, decisissimi ad insegnare il fair play ai genitori. Fino...allo sciopero. E lo faranno, senza una sola esitazione. Intanto, il loro ds-padre­fondatore continua a raccontare: «Di questa nostra iniziativa abbiamo informato anche le altre società della zona e non solo. Solo quattro o cinque ci han­no incoraggiato e pensano a fare la stessa cosa». E la Federazione? Se ha discusso e ridiscusso sulla possibilità del terzo tempo cosa dirà per questo sciopero degli under undici? «Ci è parsa un po’ in­certa ». Loro, comunque, vanno avanti. Senza una sola incertezza. «Non pensavamo che questa nostra piccola iniziativa potesse avere un risalto così im­portante. Siamo rimasti assolutamente sorpresi. Ci stanno chiamando da mezzo mondo. Pure da Pari­gi, volevano mandare una troup, ma non giochiamo e quindi...». Servirà lo sciopero? E cosa ne dicono i diretti interessati? «Il nostro obiettivo - ha continua­to il signor Mango - è quello di far aprire gli occhi ai genitori dei nostri ragazzi. Affinché smettano di trasmettere valori negativi per i figli. Il calcio è bello perché è un gioco e questi bambini vogliono solo giocare. Non gli interessano le risse verbali e le polemiche. Sognano il calcio, un pallone, fanta­sia e serenità». Riuscirà lo sciopero? Non ci sono dubbi, ora tocca a loro, ai papà sedersi in tribuna per applaudire i figli e l’arbitro di turno.

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